La parabola dei Leoni di Sicilia trova, nel secondo volume della saga, il suo culmine e la conseguente discesa. In un groviglio di Ignazi e Vincenzi che si susseguono e si sovrastano, sono le donne ad illuminare il percorso di questa famiglia che, per pochi ma sfavillanti anni, ha brillato sulla Sicilia, l’Italia e l’Europa intera.
Sì, perché, se è vero che sugli uomini pesa l’importanza del nome e la responsabilità della loro ricchezza, è sulle spalle di queste ultime che grava il dovere – a volte ingrato – di mantenere in vita gli stessi Florio. Sono loro quelle a cui non è concesso sbagliare, mai, che non possono rifugiarsi in distrazioni, siano esse fatte di carne o di materiali preziosi.
Sono loro che devono portare avanti la stirpe e, con essa, la dignità e la sicurezza di un futuro sempre più roseo. Lo dicono sia Franca che Ignazio (l’ultimo), la morte prematura di baby boy ha segnato il punto di non ritorno, non ha senso essere i primi se poi ci si porta la medaglia nella tomba. Ma fin quando un Vincenzo o un Ignazio ci sono, i Florio lottano, senza mai cedere più del dovuto, con quella determinazione che così tanto li rappresenta e per cui sono famosi. Ognuno con una diversa caratteristica, ma accomunati da un destino che possono solo apparentemente plasmare e al quale, nonostante tutto, raramente soccombono.
In uno dei molti pezzi dedicati all’autrice e alla saga qualcuno parlava di “storia nella Storia”, mi è sembrato molto calzante, questo sono i due libri di Auci, questo è il bello delle saghe familiari: poter guardare dalla finestra di casa dei protagonisti quel susseguirsi di cambiamenti storici a cui le vicende dei personaggi battono il ritmo contribuendo a renderli comprensibili, esperibili, in un modo proprio solo a questo tipo di storie e, forse, simile a quello dei racconti dei nostri nonni. Quest’ultima è una delle ragioni per cui, tendenzialmente, le saghe familiari preferisco ascoltarle che leggerle, soprattutto quando il lettore proviene dalla stessa regione dei protagonisti. Il lettore della saga dei Florio è Ninni Bruschetta, attore e registra siciliano che bisogna di poche presentazioni (sarò nazionalpopolare ma il suo personaggio che preferisco è senza dubbio Duccio Patané in Boris). I Leoni di Sicilia l’ho ascoltato quando ormai il caso editoriale era già esploso, ne parlavano tutti. Intorno a quel libro, nell’aula in cui frequentavo il master in editoria, è nata un’accesa discussione: per alcuni si trattava di un capolavoro di ricerca storica e letteratura, per altri anche solo associargli l’aggettivo storico era un affronto a quei romanzi che storici lo sono davvero. Io, fidandomi più di questo secondo gruppo, iniziai l’ascolto parecchio prevenuta e pronta a trovarmi a provare lo stesso sconforto che provai leggendo Il Codice Da Vinci di Dan Brown. Uno dei pregiudizi peggiori che la mia mente abbia prodotto. La verità, per me, è quella scritta all’inizio del precedente paragrafo, ed è stata proprio questa storia, narrata da una voce così giusta, a farmela comprendere in maniera chiara e definitiva.