Lolita, Humbert Humbert e Dolores

Giunta al terzo capitolo di Lolita (Audible, Emos Edizioni), il mio “Io morale” gridava allo scandalo e cercava di impormi la sospensione immediata dell’ascolto, ma non ho ceduto; d’altra parte, se è considerato un capolavoro della narrativa un motivo deve pur esserci. Ho, quindi, provato a leggere diverse analisi e recensioni prima di iniziare a scrivere la mia breve nota e ho constatato che pochi hanno raggiunto conclusioni comuni. Per alcuni, la morale impedì ai contemporanei di comprendere l’altissimo livello della sua satira sociale (?), qualcuno sostiene che, alla fine, è più importante il valore letterario del contenuto in sé, i più colti – forse – ricordano che è un grave errore confondere autore e narratore e che l’arte si può fare con tutto. A me, la soluzione più convincente è sembrata quella scritta da Nabokov stesso: “Ci sono anime che giudicherebbero Lolita insignificante perché non insegna loro nulla. Io non sono né un lettore né uno scrittore di narrativa didattica, e, a dispetto delle affermazioni di John Ray, Lolita non si porta dietro nessuna morale. Per me un’opera di narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto, in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell’essere dove l’arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma”. (Citazione tratta da A proposito di un libro intitolato Lolita di Vladimir Nabokov.)
Quello a cui io continuavo a pensare durante l’ascolto, più che altro, era che avrei tanto desiderato che questo libro fosse stato scritto come uno di quei romanzi d’amore per adolescenti raccontati a due voci, un capitolo per uno.

Contestualmente, il Premio Strega 2021 è finito nelle mani di Emanuele Trevi per il suo Due vite (Neri Pozza), in cui racconta le vite due scrittori prematuramente scomparsi, Pia Pera e Rocco Carbone, attraverso l’amicizia che li ha legati negli anni. È stato proprio grazie a questo libro, infatti, se ho scoperto che la versione della storia di Humbert Humbert non è rimasta sola nel raccontare la celebre, patologica passione. Esiste un Diario di Lo. Pia Pera, la sua unica opera di narrativa l’ha dedicata a lei, Dolores Haze, in realtà Maze. Finito di ascoltare l’audiolibro mi sono fiondata sull’altra opera, sul diario della famigerata ninfetta, in cui, attraverso un linguaggio scarno e leggermente sgrammaticato, l’autrice mette in scena la schiettezza di una dodicenne subissata dalla madre, orfana di padre e fratello, intrappolata in un mondo di pubblicità che impongono standard irraggiungibili e di film ancora capaci di innestare sogni e desideri nelle menti di giovani donne e giovani uomini.

Le differenze fra le due opere appaiono fin da subito nette ed evidenti. I macchinosi ragionamenti e le complesse insinuazioni che H. H. sbrodola nel suo memoriale sono totalmente assenti dalla mente – e dalla vita – pratica di Dolores. Il sesso, per lei, non è mai né il fine ultimo delle sue intenzioni né un gioco, tantomeno un qualcosa in cui riporre speranze di felicità, divertimento o conforto, ma una cosa come un’altra, che fa parte della quotidianità. Non ci si deve aspettare niente dal sesso, fa solo bene alla pelle, così come lavarsi i denti fa bene alla sanità del proprio cavo orale.

Ad un certo punto, mentre nella mente del pervertito realtà e fantasia iniziano a fondersi in un turbinio in cui è sempre più difficile farsi strada, l’intimità smette di essere un idillio d’amore, l’orco, pieno di rammarico, rivela le sue zanne: paga, sfrutta e poi ruba il ricavato della prestazione. Sa che il suo gioco non potrà durare per sempre, ma sa anche che non può permettersi di perderla, la sua Lolita. Dolores, invece, cerca di risparmiare, sta cercando di costruirsi una via di fuga. Si arrabbia quando i risparmi le vengono sottratti, accusa la cameriera, poi realizza l’amara verità. Si vuole uccidere, Dolores. Scrive sul suo diario segreto che le pizzicano i polsi, ma anche che non può assecondare l’istinto, che deve resistere per la Dolores del futuro, per la ragazza che sarà quando non ci sarà più nessun Humbert Humbert a tenerla prigioniera. Quando lei non avrà più bisogno di Hummy, quando potrà smettere di essere Lolita. Il memoriale dell’uomo, dall’andamento talmente ricercato da risultare quasi barocco, sapido di ricercatezze poetiche, virtuosismi e alti paragoni letterari, non regge il crudo linguaggio della ragazzina, di cui si può facilmente immaginare la grafia sconnessa che corre su un foglio bianco spiegazzato. Una grafia resa ancora più imprecisa da una fretta e una rabbia che la portano a saltare qualche parola e a riportare, a volte, interi dialoghi in discorso diretto, restituendo così, a questo ugualmente fittizio diario, un sentore di veridicità che raramente emerge nell’originale. Quelle che nel memoriale dell’uomo sembrano le iniziali avvisaglie di una crisi maniacale e allucinatoria sono, nel suo doppio, le carte del personale gioco di Dolores, iniziato con un anno di ritardo. La ragazza scoprirà, di nuovo e sempre a sue spese, che ha cambiato unicamente il campo di gioco, non il tipo di partita. In realtà, non ha nessuna nuova carta in mano. Da un orco a un altro. Da una recita all’altra.
Le storie, nel finale, si dividono. Questo Orfeo ha perso la sua amata, la proclama morta, ora canta per incantare nell’attesa della sua condanna. La sua Euridice, al contrario, non si arrende e, anche se più sommessamente, riuscirà a cantare la sua rinascita.

In conclusione, vorrei segnalarvi che intorno al Diario di Lo è nata un’interessante questione legata al diritto d’autore e alle libertà artistiche del singolo autore, autrice in questo caso specifico. Raccontano questa vicenda la stessa Pia Pera in Una critica morale di Lolita in forma di scherzo nabokoviano, posta in fondo al romanzo, ed Emanuele Trevi nel suo premiato libro. Ed è proprio per questo che preferisco lasciare a loro la parola.

P.S.: Dopo averlo ascoltato, ho letto Lolita nell’edizione digitale di Adelphi (2012).

2 pensieri riguardo “Lolita, Humbert Humbert e Dolores

  1. Ciao, ho terminato mezz’ora fa di leggere Lolita, versione cartacea. Ancora avvolta dall’atmosfera del libro, dal finale di un HH ridotto a una maschera da clown che piange e non intenerisce e di cui si ha solo voglia che marcisca in carcere… Che fa male, oggi più di ieri quando nn conoscevo ancora il finale. Bello un grande libro. Devo ancora digerirlo, perchè da digerire nn è semplice. Quello che mi sento di scrivere ora, è dalla parte di Lo, dalla parte delle bambine e del loro diritto di essere ninfette.

    1. Hai ragione Maria, è un libro davvero difficile da digerire e il finale di sicuro non aiuta. Credo, però, che meriti totalmente la fatica!
      Fammi sapere se leggerai anche Diario di Lo, io l’ho amato!
      A presto,
      Silvia

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