Oggi ho finito di ascoltare questo audiolibro che giaceva da diversi mesi nella mia libreria Audible. Che dire, è sicuramente uno di quei libri che pur raccontando di un Paese e di un popolo lontanissimo dal nostro lasciano il segno.
Le calibrate descrizioni degli ambienti e dei personaggi sono ben integrate nella narrazione; l’autrice, giornalista vietnamita che studia gli effetti a lungo termine delle guerre sul tessuto sociale, gestisce con abilità il racconto, facendolo narrare alle due protagoniste principali della storia – nonna e nipote –, che alternano all’esposizione degli avvenimenti quello dei loro pensieri e delle loro emozioni senza mai eccedere con l’uno o con l’altro e donando a tutta la storia una patina di veridicità che impellicola (aulico termine chiaramente derivato dalla nouvelle critique francese) le vicende e lo sfondo storico su cui sono costruite. Le voci di Elettra Mallaby e Anna Cianca sono la ciliegina sulla torta di questa saga familiare e, unite all’abilità narrativa di Nguyen Phan Que Mai e all’ottima traduzione di Francesca Toticchi, danno vita a un’esperienza quasi unica nel suo genere.
Avevo forse già detto che le saghe familiari preferisco ascoltarle piuttosto che leggerle e questa ne è l’ulteriore conferma. Sarà che mi ci immergo meglio: la voce del lettorə mi aiuta a seguire la storia e a immaginare con una spontaneità che non sempre sento nella lettura i visi e le espressioni dei personaggi, le loro case e le loro città. Questa volta avrebbe comunque potuto essere davvero difficile dato che so molto poco del Vietnam, le poche informazioni che ho assimilato sono vaghe e imprecise – una base di “sapere comune” decorata con le nozioni di un esame universitario andato maluccio –, ma non lo è stato. Già dopo i primi capitoli le protagoniste, così come i personaggi di cui raccontano, sono diventate più che familiari, sono diventate amiche, sorelle. Ho sperato, pregato, pianto e gioito con loro. A spingermi nell’ascolto non è stata la semplice curiosità per una serie di vicende interessanti raccontate in modo sapiente, ma un bisogno fisiologico, forse atavico di conoscere a fondo ciò che Huong e sua nonna Dieu Lan hanno passato con l’illusione di poter davvero capire cosa voglia dire “essere in guerra”. Mentre ascoltavo la storia secolare di questa famiglia ho avuto l’impressione di ascoltare altri interi romanzi, ma anche un resoconto storico-sociale su ciò che la guerra è, su ciò che fa o, meglio, distrugge e su ciò che rimane dopo. Insomma, un libro stratificato e complesso che riesce a rendere semplice senza semplificare il veicolarsi delle emozioni: la sofferenza delle protagoniste nel corso della storia cresce, si amplifica, anzi no, si espande lenta, vischiosa, infida arrivando a ricoprire un’intera Nazione, un intero popolo, un intero secolo. Diventa comune, generalizzata, disarmante come la guerra da cui è derivata, come il petrolio fuoriuscito da una petroliera che si allarghi sul mare e intrappoli tutte le creature che incontra sulla sua strada.