Ok, questa volta mi sono superata, non penso di aver mai scritto una nota più lunga di questa, perciò vi lascio una scorciatoia dal nome parlante: SE NON HAI SBATTI, INIZIA A LEGGERE DA QUI!
1. Cesare Segre, una scarsa biografia
Cesare Segre non ha mai avuto dubbi, l’amore per il testo letterario è sempre stato la sua benzina. Costretto a interrompere gli studi liceali e a lasciare Torino, prima a causa dei bombardamenti e poi a causa delle leggi razziali, trova definitivamente rifugio nel collegio salesiano della Madonna dei Laghi di Avigliana. Qui proseguirà in autonomia gli studi filologici e letterari già iniziati nel periodo pavese, precedente a quello collegiale, durante il quale si avvicinò a Santorre Debenedetti (prozio materno), professore di Filologia romanza presso le Università di Torino e Pavia. Dopo la Liberazione rientra a Torino e completa gli studi superiori al Liceo Alfieri. Nel 1946 si iscrive all’Università e, sotto la guida di Benvenuto Terracini, conclude i suoi studi con una tesi dedicata alla sintassi dei prosatori del Duecento, pubblicata nei Rendiconti Lincei del 1952. Nel 1948, quindi prima di terminare gli studi, entra a far parte dell’equipe filologica riunita da Gianfranco Contini per l’allestimento delle edizioni preparatorie all’antologia ricciardiana dei Poeti del Duecento (1960). Insomma, i presupposti per diventare uno dei maggiori studiosi di testi e letteratura della nostra epoca c’erano tutti e, infatti, il suo contributo alla teoria della letteratura non ha deluso, come non lo hanno fatto quelli portati alla filologia testuale, alla critica e alla semiologia. Le radici delle sue ricerche possono essere fatte risalire al periodo giovanile, in particolare agli anni trascorsi a stretto contatto con il prozio, in cui si convinse della centralità del testo in ogni indagine teorica o critica e dell’imprescindibilità di un approccio di tipo filologico agli studi letterari. Di testi rilevanti ne ha scritti – per usare un termine aulico – una valangata, non per niente è definito da Treccani “il più efficace teorizzatore e divulgatore della critica semiologica in Italia”. I due più fortunati sono stati quelli ricavati dalle voci dell’Enciclopedia Einaudi: Teatro e romanzo (1984) e Avviamento all’analisi del testo letterario (1985).
Quest’ultimo sarà il vero protagonista di questa nota. Prima di iniziare, come al solito, mi piacerebbe però fare una premessa.
Fonte: Roberto Tagliani, Dizionario biografico degli italiani, Treccani
2. Premessa saltabile senza patemi
Mentre leggevo la prima parte del saggio in questione, mi è sorto un dubbio: ma non è che chi mi legge penserà che sia una pessima editor? Alla fine, quale professionista potrebbe davvero trovare utile un saggio sull’avviamento all’analisi del testo? Uno pedante e insicuro, probabilmente. In realtà, come ho già accennato altre volte, rileggere alcuni libri o leggere nuovi titoli su un argomento che conosco bene mi rassicura e, al tempo stesso, mi permette di tenere il filo delle mie conoscenze (la verità è che ho un sacco di paura di dimenticare ciò che ho imparato man mano che imparo cose nuove!). Un’altra ragione per cui trovo utile approcciarsi senza saccenteria ai “testi base” è che, com’è ovvio, ogni studioso è differente dall’altro e quindi ognuno dei loro testi seguirà un approccio differente, userà esempi diversi e si focalizzerà su un argomento piuttosto che un altro. Per questo libro in particolare, poi, agiva anche una sorta di miticizzazione e il conseguente bisogno di leggere l’originale per poter godere non solo dei contenuti delle teorie proposte da Segre, e seguirne a mo’ di scaletta i ragionamenti, ma anche per assaporare un po’ del suo stile discorsivo. Infine, l’ultima ragione per cui ho deciso di iniziare il ciclo di approfondimenti di febbraio da qui è stata proprio la necessità di fare un ripasso complessivo prima di dedicarmi a opere che analizzano una questione in particolare, anche per assicurarmi di non aver perso, con la pratica, la teoria e l’insieme delle etichette con cui vengono identificati contenuti. Grazie a dio ho superato la prova e i manuali universitari giacciono ancora impolverati nella loro sezione della libreria.
Ora, dato che temo di essere stata troppo prolissa, direi che è tempo di entrare nel merito.

3. SE NON HAI SBATTI, INIZIA A LEGGERE DA QUI!
La prima edizione del saggio risale al 1985, quella che ho letto io è la ventiduesima ristampa, il che vuol dire che in media viene ristampato una volta e mezza all’anno (o che ho sbagliato a contare!). Il testo è diviso in due parti, la prima, intitolata “L’analisi del testo letterario” e definita didascalica dallo autore stesso, offre una sorta di elenco di tutte le tecniche di analisi del testo che presentano un’utilità pratica, sorvolando invece sulle questioni storiche e metodologiche, dando vita, nei fatti, a una sorta di bigino per l’analisi del testo letterario. Nelle prime 150 pagine, infatti, snocciola i prolegomeni della disciplina, fornendo un’utile base di partenza ma, anche, e forse in maniera più convincente, una summa della terminologia e dei punti cardine su cui qualsiasi analisi o interpretazione deve basarsi per essere efficace. L’attenzione per l’indice, non a caso, è invocata nell’introduzione e invita a un’impostazione di lettura ben precisa, la stessa, per intenderci, che troviamo spesso nei manuali di grammatica e lingua sia italiani sia improntati allo studio di una lingua straniera. L’indice ha dunque, al fianco di quella standard, la funzione di schema concettuale; ci offre contemporaneamente contenuto e contenitori (avrei preferito il sommario dettagliato a questo indice così succinto, però si rifà alla grande con l’indice degli argomenti) e di conseguenza, perdonatemi l’allure da studente in paranoia, facilita di molto l’apprendimento della materia. La prima parte del libro ce ne dà già conferma, infatti, basta poco per rendersi conto che i titoli dei capitoli sono anche i macroelementi fondanti (perdonatemi per questo termine così inappropriato, ma non sono riuscita a trovarne uno altrettanto conciso e intuitivo) di un testo letterario come insieme e/o unità (TESTO= COMUNICAZIONE + TESTO + CONTENUTI TESTUALI + STORICIZZAZIONE). La seconda parte non presenta una struttura continuativa, anzi si presenta opposta alla prima: è composta da una serie di otto brevi saggi non collegati fra loro e dedicati ognuno all’approfondimento di uno dei temi introdotti nella prima parte, che qui vengono trattati seguendo una prospettiva maggiormente storica, senza mai però perdere di vista l’obiettivo finale. Quelli che ho trovato più interessanti e su cui ho posto un’attenzione maggiore, anche in vista delle prossime letture di febbraio, sono stati i primi quattro: Discorso, Finzione, Generi e Narrazione/narratività.
In conclusione, mi sento di dire che è un libro sicuramente utile a cui, se si è proprio digiuni di linguistica e teoria della letteratura, è meglio far precedere un saggio di carattere storico o metodologico, così da avere in mente almeno uno schizzo generale della disciplina e della sua intricatissima evoluzione.
Ora basta, vi saluto e vi do appuntamento a domenica prossima con la nota su Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi.
XoXo,
Silvia